martedì 14 aprile 2009

Il Paese che crolla


Quando accadono eventi disastrosi come quello dell’Abruzzo del 6 aprile scorso, ci si potrebbe chiedere perché il destino debba così accanirsi contro un paese già in grave crisi (politica, economica, occupazionale) come l’Italia. Ci si potrebbe chiedere con ingenua quanto blasfema rabbia come mai i terremoti più distruttivi avvengono di notte, quasi fossero orchestrati da un malefico dio dei sismi per fare quante più vittime possibili. Ci si potrebbe chiedere perché a pagare devono essere sempre i più deboli, gli anziani negli ospedali, i bambini nelle scuole, i giovani nelle case degli studenti. Potremmo chiederci tutto questo, se decidessimo di fermarci alla parte emozionale della vicenda, che poi è anche quella che ci prende con più violenza, immediatamente, a caldo. Se invece volessimo andare oltre, analizzare gli eventi in maniera razionale a mente fredda, scopriremmo che non esistono ne’ il destino imprevedibile ne’ il dio malvagio della distruzione, ma che tutto quanto è avvenuto può avere una sua spiegazione logica come conseguenza di azioni (o inazioni) umane.

Se guardate la mappa sopra riportata, potrete rendervi conto di una verità tanto evidente quanto antica: il territorio italiano è per un buon 70% a rischio sismico. Questo ci dice la geologia, questo ci dice anche la storia, mettendo d’accordo una volta per tutte il pensiero scientifico con quello umanistico. Non si tratta di motivazioni trascendenti o metafisiche, ma di argomentazioni scientificamente provate e storicamente documentate: in Italia i terremoti sono avvenuti, avvengono e avverranno sempre. Cosa si fa allora (o meglio, cosa si sarebbe dovuto fare) in questi casi, visto che i terremoti sono inevitabili e non è possibile ancora prevedere con esattezza giorno e ora? La risposta è semplice, si fa della prevenzione, cioè si costruisce secondo i criteri oramai più che ventennali della moderna edilizia antisismica. E’ così che un paese moderno, ad alto tasso di urbanizzazione, si difende dalla possibilità che la terra possa tremare. E’ infatti vero che l’Italia è uno dei paesi sismici più densamente popolato al mondo, ma è altrettanto vero che non è il solo, e alle volte prendere esempio dalle soluzioni adottate in altri paesi di quello stesso G8 di cui forse non meriteremmo di far parte, potrebbe rivelarsi davvero molto utile.

Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. La California e il Giappone sono estesi quanto l’Italia, popolati come e più dell’Italia, e a rischio sismico probabilmente anche più dell’Italia. I terremoti di magnitudo simili a quelle riscontrate in Abruzzo si susseguono con regolarità e i danni sono sempre molto limitati. Emblematico è poi il caso di quello verificatosi a Kyushu solo un giorno prima dell’Italia: 5.7 gradi Richter, quindi comparabile con la terribile scossa abruzzese, e una città, Miyazaki, circa quattro volte più popolosa rispetto a L’Aquila, che non ha avuto nessun tipo di danno.

Allora, verrebbe da chiedersi, perché in Italia non si fanno delle leggi in tal senso, in modo da garantire che i nostri edifici non ci crollino addosso al primo movimento tellurico? Anche questa domanda è fuorviante, perché scopriamo che in Italia le leggi ci sono eccome, ma, come in tanti altri ambiti del vivere civile (o incivile) nostro, non si fa nulla perché vengano rispettate. Accade così che un ospedale inaugurato nove anni fa ed evacuato dopo i danni delle prime scosse risulti non solo mai collaudato ma addirittura inesistente al catasto. Accade così che la maggior parte degli edifici crollati siano risultati costruiti con materiali assolutamente inidonei, buoni soltanto per arricchire i costruttori senza scrupoli (e i loro referenti politici) che hanno fatto questa scelta sulla pelle della gente. Accade, e questa è la cosa più terribile, che per alcuni il terremoto sia solo un business, perché dopo c’è una ricostruzione su cui lucrare.

Il terremoto non frena la speculazione, anzi la incentiva. Si arriva addirittura a proporre delle grandi opere, la cui utilità è ancora tutta da dimostrare, in uno dei punti più sismici di tutto il Mediterraneo, lo Stretto di Messina. Tutto questo, detto per inciso, mentre Sicilia e Calabria sono ancora prive di infrastrutture degne di un paese europeo (ferrovie scarse e autostrade in perenne costruzione). Ma questo è un argomento che approfondirò in un altro momento. Quello che invece voglio qui sottolineare è che i crolli “fisici” del nostro paese derivano dai crolli di etica e coscienza collettiva delle nostre istituzioni succedutisi nel corso degli anni e dei quali le speculazioni edilizie degli anni ottanta e novanta sono solo la punta dell’iceberg.
Il nostro è un paese dove le leggi vengono piegate alle esigenze del più forte, si fa carriera solo per conoscenza e non per merito (e i disastri provocati da parecchi manager pubblici ne sono la prova) e in cui gli interessi collettivi servono solo per mascherare quelli personali. In un tale contesto di scarso senso civico, di individualismo portato principalmente a fregare il prossimo, è molto difficile che si possano prendere delle misure idonee come la pianificazione razionale del territorio o il rispetto delle già numerose leggi sull’edificazione senza che nessuno dei personaggi coinvolti debba chiedersi “cosa viene in tasca” a lui o ai suoi amici.
Si perché tanto poi i responsabili non pagano mai. Se sono vicini a qualche politico influente, potete scommetterci che alla fine la colpa verrà addossata a qualche vecchio progettista, possibilmente già deceduto.
Ma nel nostro paese non ci si limita a garantire l’impunità, a volte si offrono perfino riconoscimenti ed attestazioni di stima: così il dirigente che aveva inaugurato l’ospedale senza richiederne l’agibilità è stato recentemente nominato consulente dell’Agenzia Sanitaria Regionale dal neoeletto Presidente della Regione Abruzzo.

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